NdA Press

La conversione ecologica

Autore G. Viale
Editore in esclusiva NdA Press
Lingua Italiano
Pagine 184
Giacenza 8

Stato: Disponibile

€ 10,00

€ 5,00 (-50%)

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In sintesi

Alla terza ristampa in un anno, il pamphlet di Guido Viale, di estrema attualità, che traccia delle analisi del mondo contemporaneo e propone percorsi per riconvertire l'economia a misura d'uomo e di pianeta

Dettagli

La conversione ecologica si costruisce dal basso "sul territorio": fabbrica per fabbrica, campo per campo, quartiere per quartiere, città per città. Chiamando per cominciare a confrontarsi in un rinnovato "spazio pubblico", tutti coloro che nell'attuale situazione non hanno avvenire: gli operai delle fabbriche in crisi, i giovani senza lavoro, i comitati di cittadini in lotta contro gli scempi ambientali, le organizzazioni di chi sta già provando a imboccare strade alternative: dai gruppi di acquisto ai distretti di economia solidale. E poi brandelli di amministrazioni locali, di organizzazioni sindacali, di associazioni professionali e culturali, di imprenditoria ormai ridotta alla canna del gas; e nuove leve disposte a intraprendere, e a confrontarsi con il mercato, in una prospettiva sociale e non solo di rapina. La conversione ecologica del sistema produttivo e del modello di consumo dominanti è un'utopia? Sì, è un'utopia concreta nel senso che aveva dato a questo termine Alex Langer. È cioè un progetto praticabile, ma al tempo stesso radicalmente alternativo allo stato di cose esistente. Il liberismo, la tesi fantasiosa che il mercato trova da sé il rimedio ai danni che affliggono il pianeta e i suoi abitanti, inchioda i suoi fautori a un eterno presente senza passato né futuro; fermo, in politica, al giorno per giorno; in economia, ai conti delle "trimestrali"; nelle consorterie accademiche, alle lotte di potere: rendendo tutti incapaci di un approccio prospettico.

Biografia autore

Guido Viale è nato a Tokyo nel 1943. Vive a Milano. Tra le sue pubblicazioni: Il Sessantotto - NdA Press, 2008; A casa – l'Ancora del Mediterraneo, 2001; Un mondo usa e getta – Feltrinelli, 1994 e 2000; Governare i rifiuti – Bollati Boringhieri, 1999; La parola ai rifiuti –Edicom, 2007; Azzerare i rifiuti – Bollati Boringhieri, 2008; Tutti in taxi – Feltrinelli; 1996; Vita e morte dell'automobile – Bollati Boringhieri, 2007. Prove di un mondo diverso – NdA Press, 2009; La civiltà del riuso –Laterza, 2010. Collabora ai quotidiani la Repubblica e il manifesto e a numerose riviste.

Il suo blog è http://www.guidoviale.it

Approfondimenti e recensioni

Dal blog di Guido Viale >>

Il concetto di conversione ecologica, introdotto anni fa da Alex Langer, rimanda sia alla dimensione personale e soggettiva (quella dello stile di vita, dei modelli di consumo, dell’impegno personale) delle trasformazioni proposte, sia alla loro dimensione oggettiva e sociale (quella dei nuovi prodotti, dei nuovi rapporti di mercato, della nuova organizzazione del lavoro).

La conversione ecologica comporta l’adozione di stili di vita e modelli di consumo fondati sulla sobrietà, che non significa miseria, né povertà, né sacrificio, bensì uso e distribuzione più equa delle risorse tanto in campo sociale (tra le diverse classi) quanto a livello geografico globale (tra le diverse aree geografiche). Ma significa anche riportare, tanto in ambito locale e nazionale, quanto in ambito continentale e planetario, il sistema produttivo entro un quadro di sostenibilità imposto dai limiti fisici e biologici del pianeta in cui viviamo, salvaguardando, potenziando e qualificando l’occupazione e valorizzando la dotazione di tecnologia, di impianti e di conoscenze dell’apparato industriale e produttivo esistente. Riferimenti obbligati della conversione ecologica sono i territori (aree vaste, città e loro hinterland, ovvero ambiti regionali e subregionali) e i loro abitanti, dato che il percorso di trasformazione tende a ricostituire legami sociali che non siano fondati esclusivamente sul mercato, bensì “governati” attraverso la ricostituzione di un controllo condiviso (una forma di autogoverno) sui processi economici e sociali: il che non elimina, né nel presente né nel futuro, il fatto che il motore della trasformazione sia e resti il conflitto, sia all’interno di una stessa comunità territoriale, sia tra questa, o alcune delle sue componenti, e i poteri extraterritoriali che oggi governano il mondo. Non tutto ovviamente può o deve essere “riterritorializzato”.

Non lo devono essere saperi, conoscenze e creatività, che vanno liberalizzati e diffusi al massimo grado anche grazie alle opportunità offerte dalla rete, che consente una circolazione dell’informazione (bit) in tempo reale. Si dovrà usare invece come criterio generale di orientamento quello di avvicinare quanto più possibile la produzione di beni fisici (atomi) ai luoghi del loro uso o del loro consumo (di qui il concetto di km zero): per restituire alle comunità e, attraverso esse, a chi produce, un maggior grado di controllo sulla qualità e il destino dei prodotti; e a chi li usa o consuma la possibilità di incidere, attraverso procedimenti condivisi, sulla qualità dei beni a cui si accede.

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Dal convegno "Sbilanciamoci!" del 4 settembre '10 >> 

Intervento di Viale su mobilità sostenibile, mercato automobilistico e consumo nel Terzo millennio

 

Guido Viale sul "riuso"... le nostre vite, anche se non ce ne rendiamo conto, sono piene di “riuso”, a partire dalla nostra casa; invertire una cultura che stigmatizza chi ricorre all’usato, riabilitando il valore, anche economico, della manutenzione:

IL RIPARATORE Intervista a Guido Viale di Massimo Tesei pubblicata sulla rivista "Una Città"

Dopo esserti occupato dei rifiuti e dei problemi relativi al loro smaltimento, nel tuo ultimo libro affronti, da vari punti di vista, un tema in  qualche modo contiguo, il riuso.

Essendo un libro sul riuso in generale, ho cercato di affrontarlo con uno sguardo allargato, sintetizzando poi quattro argomenti. Il primo è storico e antropologico e riguarda il fatto che il ricorso al nuovo potrebbe essere solo una parentesi nella storia dell’umanità, perché fino alla rivoluzione industriale la maggior parte delle cose che circolavano erano fatte per durare e venivano usate per generazioni dalla stessa famiglia, e anche quando passavano di mano, venivano riutilizzate o riadattate. Per esempio, per tutta la storia dell’umanità i poveri si sono vestiti con gli abiti dismessi dai ricchi.

Nel mondo contemporaneo, se noi pensiamo alla nostra vita, alla nostra casa, lì per lì siamo indotti a credere che sia tutto nuovo, nel senso che l’abbiamo comprato noi. In realtà anche noi facciamo un ampio ricorso al riuso. Magari nella nostra casa c’è solo un pezzo di antiquariato che spicca, ma in realtà quello che ci circonda non sempre è davvero nuovo. La stessa casa spesso prima è stata usata da qualche altra famiglia. Non parliamo di ciò che la circonda: ad esempio le strade e poi l’assetto urbano, che quanto più è usato e riusato tanto più è di pregio. Se poi entriamo nello specifico, qualcuno potrebbe rimanere sorpreso: quando andiamo al ristorante ci mettiamo in bocca forchette che sono già state in bocca di molte persone, ma se andiamo in un mercatino e troviamo delle posate usate, prima di comperarle pensiamo "Chissà chi le avrà usate!”, andiamo all’albergo e ci infiliamo fra lenzuola in cui ha dormito moltissima altra gente, o ci asciughiamo con asciugamani con cui molti altri si sono asciugati, e via di questo passo...

In realtà questa percezione che la nostra vita è necessariamente e inevitabilmente fatta di molto riuso, dovrebbe essere più consapevole, così da riavvicinarci a un uso più sereno di cose dismesse. Il principale ostacolo per una maggiore diffusione del riuso è proprio questo stigma, o questo senso di emarginazione, che accompagna il ricorso al riuso. Questo è un problema che si trovano di fronte anche quelli che lavorano in questo settore, in particolare quando sono cooperative sociali, Onlus, associazioni, spesso mossi da intenti ambientali o sociali.

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